L’ozono deriva dal verbo greco  ὄζειν, con il significato di “puzzare” , ed è stato scoperto da Christian Friedrich Schönbein, un chimoco tedesco, nel 1840, durante esperimenti di ossidazione lenta del fosforo bianco e di elettrolisi dell’acqua.

L’ozono è una molecola formata da tre atomi di ossigeno (O3), dotata quindi di un carica elettrica negativa. La molecola dell’ozono è molto instabile ed ha un tempo di dimezzamento breve. Di conseguenza, decadrà dopo un certo tempo nella sua forma originaria: ossigeno (O2, secondo la reazione sotto riportata):

2O3⇋ 3O2

Essenzialmente l’ozono è nient’altro che una molecola di ossigeno (O2), con un atomo di ossigeno supplementare, dotato di un’alta carica elettrica. In natura l’ozono è prodotto da alcune reazioni chimiche. L’esempio più familiare è naturalmente lo strato di ozono, in cui l’ozono è prodotto dai raggi ultravioletti (UV) del sole. A livello del suolo, invece,un po’ più vicino a noi quindi, la produzione d’ozono è anche dovuta anche ai fulmini durante i temporali, infatti le tensioni estremamente elevate che si raggiungono danno luogo alla reazione chimica descritta prima.

Varie tecnologie, infine, permettono la produzione di ozono: lampade a raggi UV, elettrolisi, plasma freddo e generatori ad effetto corona: per efficienza e produttività, quest’ultima tecnologia è quella che viene usata maggiormente.

I più diffusi sono i generatori a celle Siemens. Tali celle sono costituite da due elettrodi concentrici separati da un’intercapedine di pochi decimi di millimetro (0,8–1,5 mm), nella quale fluisce l’aria o l’ossigeno. Tra gli elettrodi c’è una differenza di potenziale da 7 a 30 Kv, con una frequenza dai 50 Hz a oltre 1 KHz. L’elettrodo più interno è di metallo, mentre l’elettrodo esterno è costituito da un film conduttivo metallico che avvolge esternamente un tubo materiale dielettrico, ordinariamente vetro borosilicato oppure ceramica (questa introdotta tra il 1984 e il 1985). L’elettrodo interno è collegato al generatore di alta tensione, mentre l’elettrodo esterno è collegato a terra (in certi casi tali collegamenti possono essere invertiti). La pressione di esercizio può variare tra una e tre volte quella atmosferica 0,1–0,3 MPa. Tra gli elettrodi in tensione si creano delle scariche che, similmente ai fulmini, formano ozono dall’ossigeno presente nell’aria. In base alla grandezza dei dispositivi, si possono avere:

· dei generatori d’ossigeno prima degli ozonizzatori, per fornire direttamente ossigeno ai generatori ed avere una resa più alta;

· degli essiccatori d’aria, che servono a sequestrare umidità dall’aria; con l’aria umida c’è la possibilità di formazione di NOx, dannosi per il dispositivo e, in concentrazioni molto elevate (superata la soglia di 100 ppm, concentrazione migliaia di volte maggiore anche di ambienti urbani in cui difficilmente si superano i 0.05 ppm) anche nocivi per l’uomo.

L’ozono, a temperatura ambiente, è sottoforma di gas ed è una specie altamente instabile, cioè tende a riformare la molecola di ossigeno; si presenta come un forte ossidante sia per molti composti chimici, sia per microrganismi come virus, batteri e muffe.

Tali motivi rendono sempre più comune l’utilizzo dell’ozono per la sanificazione di ambienti. A nostro giudizio la scelta dell’ozono come disinfettante è vincente perché ha impatto zero sull’ecosistema: rispetto al cloro ed ai suoi composti, pur avendo una maggiore capacità disinfettante,  non genera sottoprodotti, quali organoclorurati e sostanze clorurate, tossici e/o cancerogeni. Le sostanze clorurate usate come disinfettante, infatti, hanno bisogno a valle di filtri a carbone attivo prima che le acque vengano utilizzate o addirittura prima che vengano scaricate negli invasi  o nelle falde proprio per non impattare sull’ambiente.

Se l’ozono viene usato per disinfettare l’acqua, la sua capacità ossidante aumenta perché degenera in idrossi radicali (OH ) i quali hanno una capacita ossidante ancora maggiore dello stesso ozono.

Gli unici limiti dell’ozonizzazione sono i tempi molto rapidi del suo dimezzamento (tempo di dimezzamento è il tempo necessario affinché la concertazione di ozono presente si dimezzi ) e l’eventuale presenza di bromo se l’ acqua trattata deve essere usata come alimento.

Il decadimento rapido limita l’uso dell’ozono per la disinfezione dell’acqua immessa nelle condotte, in quanto avendo un tempo di dimezzamento breve non riesce a proteggere l’acqua da eventuali infiltrazioni di virus e batteri che possono avvenire  lungo il percorso.

L’uso dell’ozono, quindi, è più appropriato per piscine, per acque di pozzi o sorgenti con sviluppo di condotte limitato, di acque reflue e di scarico e acque che possono servire alla disinfezione di alimenti; per acque ad uso alimentare bisogna stare attenti che non contengono bromuri i quali, a contatto con l’ozono, formano i bromati, sostanze cancerogene già a basse concentrazioni. Il limite per i bromati (D.lgs. 31/01) è di 10 µg/l, quindi le acque da sottoporre ad ozono devono avere meno di 5 µg/l di bromuri.

Se l’ozono viene usato per disinfettare l’aria degli ambienti in cui viviamo e lavoriamo non ha nessuna controindicazione, tranne che non sostare nel periodo di sanificazione ed aspettare un po’ facendo arieggiare il locale dopo la sanificazione.

L’ozono, a differenza sempre  del cloro, oltre ad avere un potere ossidante e quindi disinfettante più elevato, viene prodotto in loco da macchinari facilmente gestibili e compatti; inoltre, rispetto a qualsiasi altro disinfettante liquido, ha bisogno di molta meno manodopera per essere distribuito sulle superfici ed è molto più pervasivo perché, in quanto gas, satura l’ambiente arrivando in tutti i suoi punti, anche quelli nascosi o difficilmente raggiungibili (cosa che con un disinfettante liquido è impossibile).